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Categories Benessere, Tips & Tricks

Il mio commento

Finalmente riesco a darvi la mia opinione sull’articolo “L’imbroglio delle calorie” uscito su Internazionale del 7 giugno n.1310.

Evviva, finalmente un articolo da condividere al 100%. Potrei usarlo come manifesto oppure lo potrei far leggere a tutti i pazienti che vengono da me per la prima volta. È il messaggio principale che provo a far passare con il mio lavoro, solo scritto meglio, con più enfasi e con i toni giusti. Del resto non sono né giornalista né scrittrice…

Che cosa ci dice questo articolo? Conferma che non è sufficiente contare le calorie per avere una dieta corretta. C’è chi sostiene che le calorie non esistano più, non è proprio vero, la caloria è un’unità di misura che non viene messa in discussione, ma il modo di costruire una dieta calcolando solo le calorie è un modo obsoleto e non valido. Fino a qui ci siamo tutti.

Ci racconta poi come gli alimenti siano cambiati in base alle nostre esigenze e al nostro stile di vita: quando anche le donne hanno iniziato a lavorare, nei negozi abbiamo iniziato a trovare alimenti pronti e lavorati. Da qui è poi partita la lotta ai grassi per combattere l’obesità e sono comparsi i cibi light: senza grassi ma con zuccheri e comunque prodotti lavorati.

Tutto questo ha scaturito l’effetto opposto aumentando la percentuale di persone obese e con problemi cardiocircolatori. È allora evidente che non è il totale delle calorie giornaliere la cosa fondamentale per la nostra dieta ma gli alimenti che la compongono. C’è un abisso tra alimenti “naturali” e cibo raffinato e lavorato: i primi ci danno nutrimento, principi attivi, hanno tutto quello che serve per far funzionare il nostro corpo al meglio, i secondi sono solo energia. Formulare diete calcolando solo il fabbisogno calorico necessario ha portato a storie di insuccesso, a percorsi di dimagrimento che prima o poi falliscono. E falliscono anche oggi se non capiamo esattamente quello che dobbiamo fare.

Detto questo voglio aggiungere qualcosa.

Non siamo delle macchine a cui viene data energia per funzionare, siamo molto di più. Abbiamo bisogno tanto di nutrienti che ci diano energia (carboidrati, grassi, proteine nelle giuste proporzioni) ma anche di quei preziosissimi elementi che di energia non ne hanno proprio ma senza i quali non andremo proprio da nessuna parte. Sono i sali minerali e le vitamine, nutrienti presenti a concentrazioni significative negli alimenti non trattati, non lavorati, non raffinati.

Perciò eccomi qui a dire per la milionesima volta: è molto più importante la qualità che la quantità di quello che mangiamo. Possiamo per favore ripeterlo insieme tante volte?

Frutta e verdura appena raccolte, carni non trattate a cui non sono aggiunti conservanti, pesce fresco, cereali in chicchi, non vi danno un’idea di maggiore salubrità rispetto a cibo in scatola, cibo pronto magari a basso costo, cibo industriale prodotto in modo artificiale?

Se scegliamo bene non facciamo un favore solo al nostro girovita ma anche all’ambiente: si consuma meno energia per lavorare i cibi, si favorisce una coltura e un allevamento più puliti. Insomma, ecco che il legame con la sostenibilità e la stagionalità è ancora presente.

Dobbiamo ricordare sempre che siamo noi ad esserci adattati alla natura e per questo abbiamo bisogno di seguirne i ritmi e rispettarne le fasi. Ma se il nostro bisogno di pomodori tutto l’anno, di cibo esotico in qualsiasi parte del mondo, quantità di cibo (e soprattutto carne) che superano il nostro fabbisogno è più importante del rispetto per l’ambiente e per chi non può scegliere (e non intendo solo la parte più povera della popolazione, ma anche dei bambini che sono spesso vittime di questo sistema di alimentarsi) allora ci meritiamo tutto quello che sta succedendo ed il caldo di questi giorni.

Nel mio piccolo ci provo a far passare questo messaggio ed è fondamentale capire che il cambiamento parte da noi e non è così difficile, ci vuole un po’ di impegno, di fatica e qualche rinuncia che ahimè non ci piace proprio. Dobbiamo imparare di nuovo a cucinare, a considerare il tempo speso a preparare dei piatti come un tempo necessario, prima di tutto per capire di cosa ci stiamo nutrendo e poi per imparare a conoscerci meglio, a capire che forse gli “sfizi” che ci sembrano sempre necessari per rallegrarci non sono necessari, anzi, sono dannosi sotto tanti punti di vista e impareremo a prendere le giuste misure.

Riscoprire i gusti e i colori del cibo vero è un gioco fantastico, non sono passati tanti anni da quando lo facevamo abitualmente eppure non ce lo ricordiamo più. Se le cose cambiano così velocemente proviamo a chiederci dove potremmo arrivare a questi ritmi.

Questa Terra è un posto meraviglioso, ricco, rigoglioso e pieno zeppo di varietà, di esseri viventi diversi ma uniti da un unico scopo. Peccato non ne avremo ancora per molto se non abbiamo voglia di cambiare!

Categories Alimenti, News

La Nutella®

La Nutella® è un alimento dolce prodotto dall’azienda Ferrero.

Si tratta di una crema spalmabile a base lipidica, aromatizzata con nocciola e cacao. È un prodotto notoriamente ipercalorico del quale sarebbe buona norma fare un uso sporadico e non sistematico; consumare Nutella® quotidianamente in porzioni considerevoli favorisce infatti l’aumento del tessuto adiposo corporeo e, in associazione ad altri fattori di rischio, può risultare nocivo per la salute.

La nutella®, al pari di molte altre creme spalmabili e snack vari, può essere inserita nella categoria dei cosiddetti junk foods.

Cenni storici

La nutella® nacque come evoluzione del Giandujot – un panetto solido e dolce a base di pasta di nocciole delle langhe, cacao e zucchero – creato nel 1946 da Pietro Ferrero (pasticcere piemontese).
Dopo soli due anni, il Giandujot cambiò sia nome, sia consistenza (più spalmabile), acquisendo il titolo di SuperCrema.
Nel 1964, Michele Ferrero (figlio del noto pasticcere) perfezionò ulteriormente la ricetta e attribuì alla SuperCrema il nome di nutella®, sostantivo ricavato dall’unione del termine inglese “nut” (nocciola) al suffisso “ella” (per conferire un senso di maggior cremosità al prodotto). L’anno successivo nutella® espatriò e conquistò i mercati tedesco e francese, grazie alle notevoli proprietà organolettiche e gustative, oltre che ad un miglior packaging rispetto alla concorrenza.
Nel 1977 nutella® raggiunge l’Australia, dove nei pressi della capitale venne costruito uno stabilimento autonomo col quale allargherà il suo mercato anche ai nuovi continenti.

Ingredienti

Caratteristiche Organolettiche

Ovviamente, il gusto e le proprietà organolettiche della nutella® sono fuori discussione; dopotutto, è incontestabile che si tratti di uno degli alimenti dolci più graditi al mondo.

Tuttavia, sarà davvero un’ottima abitudine consumare nutella® tutte le mattine a colazione? La risposta di molti nutrizionisti è negativa.

Lista degli Ingredienti

Le ragioni sono parecchie ma, per comprenderle tutte fino in fondo, metteremo i lettori in condizione di leggere anche ciò che, di solito, si tende ad ignorare: ingredienti, composizione nutrizionale e porzione raccomandabile di nutella®.

Ingredienti della nutella® (italiana): zucchero (o saccarosio), olio di palma, nocciole (13%), cacao magro (7,4%), latte scremato in polvere (6,6%), siero di latte in polvere, emulsionanti (lecitina di soia) e vanillina.

Tra gli ingredienti della nutella® possiamo notare la presenza di olio di palma. Sebbene, tramite il suo sito internet, l’azienda si sforzi di avvalorare questo tipo di olio, si tratta di un prodotto piuttosto economico, gravato da pesanti problematiche di natura nutrizionale e ambientale.

Sebbene l’azienda non dichiari in etichetta le percentuali esatte di olio di palma, dall’analisi nutrizionale dell’alimento è possibile effettuare una stima approssimativa.

Dai calcoli di Verbraucherzentrale Hamburg, organizzazione tedesca che si occupa di consumi e informazione, è stata sviluppata la seguente immagine, che rende evidente a colpo d’occhio le quantità elevate di zucchero (in basso) e di olio di palma (in alto) presenti nell’alimento.

nutella-composizione

Conservanti e Coloranti

Alimento % Grassi Saturi
Olio di cocco 86,5
Olio di palma 49,3
Nutella 34,5*
Olio di soia 14
Olio di girasole 11,2
Nocciole 7
* calcolati secondo quanto dichiarato nell’etichetta del prodotto (aggiornato in data 5/11/2013)

Leggendo la dicitura “Senza conservanti e coloranti“, il consumatore potrebbe sentirsi in qualche modo “tutelato” dalla qualità compositiva della nutella® .

In realtà, è proprio la combinazione di:

  • scarsissima concentrazione d’acqua (alta densità energetica);
  • presenza di lipidi in maggioranza saturi e ben emulsionati;
  • apporto considerevole di saccarosio;
  • latte e siero in polvere

a rendere la nutella® un vero e proprio “cibo da astronauti”, non attaccabile da muffe e batteri.

 

Struttura nutrizionale della nutella®, porzione raccomandata e GDA*

Composizione nutrizionale della nutella® secondo l’etichetta presente sulla confezione (aggiornata al 5/11/2013):

Valori medi per 100g per porzione (15g) %GDA*
Valore energetico kcal 544 81 4
Valore energetico kj 2273 339 4
Proteine g 6 0.9 2
Carboidrati g 57.3 8.6 3
zuccheri g 56.7 8.5 9
Grassi g 31.6 4.7 7
saturi g 10.9 1.6 8
Fibre alimentari g 3.4 0.5 2
Sodio g 0.045 0.007 0
*GDA = è la quantità giornaliera per un adulto.
Si basa su di una dieta che prevede un apporto medio giornaliero di 2000kcal. Il fabbisogno nutrizionale di un individuo può essere maggiore o minore, a seconda di: sesso, età, attività fisica ed altri fattori.

Sempre in base alle GDA*, Ferrero consiglia una porzione media raccomandabile di nutella® pari a 15g, calorie 81,0, 4%GDA*.
Energia della nutella® nella dieta: per commentare quanto citato in tabella, sarebbe necessario un articolo a sé stante, ma cercheremo di essere diretti e sintetici. Anzi tutto, le GDA* si riferiscono ad una dieta da 2.000kcal, ovvero l’apporto di un adulto sano ed in perfetta salute. Costui (in base al fabbisogno) non pratica attività motoria e, dal punto di vista antropometrico, non sembra essere “un gigante”. A tal proposito, si può notare che, effettivamente, la porzione raccomandabile (15g, ovvero un bel cucchiaio pieno – ciò che serve per ricoprire “generosamente” non più di un paio di fette biscottate) rappresenta solo il 4% dell’energia necessaria giornaliera. Una prima osservazione andrebbe fatta sulla praticabilità della porzione media; 15g sono davvero pochi e due fette biscottate (con un bicchiere di latte) non sono sempre sufficienti a sedare l’appetito di una prima colazione (che segue un digiuno notturno di circa 12 ore), né tantomeno gli attacchi di golosità o sconforto che spesso spingono all’assunzione del prodotto.
Inoltre, per i “veri clienti” della nutella®, ovvero i bambini e i giovani adolescenti (magari sedentari), che presentano fabbisogni energetici ancora più bassi, di quanto dovrebbe essere la porzione raccomandabile? Meglio non saperlo.
Carboidrati semplici e grassi saturi della nutella® nella dieta: la contestazione della porzione raccomandabile prosegue analizzando nel dettaglio la composizione nutrizionale della nutella®. E’ quindi necessario soffermarsi ad osservare due gruppi di molecole ben precise: carboidrati (in particolar modo gli zuccheri semplici) e grassi (soprattutto saturi).
I carboidrati della nutella® sono prevalentemente semplici (disaccaridi), tipo saccarosio e con poco lattosio. Questi, in base alla GDA* dei 15g raccomandati, occupano solo il 9% degli zuccheri semplici totali nella dieta. Tuttavia, in base a quanto citato dai “Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana”, su una dieta da 2.000kcal l’apporto di carboidrati semplici dovrebbe essere compreso, al massimo, tra i 53 ed i 64g per l’adulto (10-12% dell’energia totale) e tra gli 80 e gli 85g per i bambini (15-16% dell’energia totale).

A questo punto, il calcolo percentuale dei glucidi semplici contenuti in un’unica porzione di nutella® rispetto al fabbisogno consigliato per una dieta da 2.000kcal, offre un intervallo compreso tra il 14-17% nell’adulto ed il 10,5-11% nel bambino. NON ci sembra quindi corretto il 9% indicato in etichetta.

Aldilà dell’aspetto puramente quantitativo, ricordiamo che l’apporto di monosaccaridi e disaccaridi nella dieta DEVE interessare prevalentemente il fruttosio contenuto nella frutta e negli ortaggi, ed il lattosio del latte e dei latticini; per questo, utilizzando frequentemente la nutella® in dosi generose è verosimile pensare che si possa compromettere l’equilibrio nutrizionale della dieta per eccesso di zuccheri semplici.

Ancora una volta dovremmo chiederci che tipo di impatto dietetico potrebbe avere il consumo quotidiano di 15g di nutella sulla dieta di bambini o giovani adolescenti sedentari che, mediamente, hanno un apporto energetico inferiore alle 2.000kcal. Tutti i lettori sapranno già quali siano le conseguenze di un eccesso di saccarosio nella dieta; per ricordarne alcuni: carie dentaria, alterazioni glicemiche, ipertrigliceridemia, sovrappeso ecc.
Il discorso è analogo per quel che riguarda i grassi contenuti nella nutella®. L’analisi chimica dei lipidi dovrebbe essere molto più articolata di quanto segue ma, in assenza di dati più precisi, ci limiteremo a commentare solo la frazione satura (quella NON salutare) degli acidi grassi totali.

Precisiamo fin da ora che i grassi contenuti nella nutella® sono eccessivi ed anche l’utilizzo esclusivo della porzione raccomandata non facilita il mantenimento di una dieta sana ed equilibrata. Detto questo, in base alla tabella, la quantità di lipidi saturi contenuti nei 15g di porzione (1.6g) è stimata all’8% delle GDA*.

Secondo quanto citato nei “Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana”, gli acidi grassi saturi non dovrebbero superare il 10% dell’energia complessiva, opportunamente contestualizzati nel 25-30% dei lipidi TOTALI.

Ciò significa che, in una dieta da 2.000kcal, i grassi energetici totali dovrebbero essere compresi tra i 55.6 e i 66.7g/die, mentre quelli saturi NON dovrebbero superare i 22.2g/die. I conti questa volta tornano rispetto alle GDA dell’etichetta, ma non è tutto qui! E’ ben noto che i lipidi saturi rappresentano una componente tipica degli alimenti di origine animale; ciò significa che, in linea teorica, il loro apporto nella dieta dovrebbe essere regolato dall’assunzione di latte e derivati, carne, uova e pesce. Secondo la logica della dietetica, questi ultimi alimenti sono indispensabili al raggiungimento delle quote di: ferro, calcio, fosforo, vitamine idrosolubili del gruppo B e liposolubili (A e D), nonché delle proteine ad alto valore biologico.

E’ quindi logico pensare che NON sia corretto “aggiustare” l’apporto totale dei lipidi saturi riducendo le porzioni di questi alimenti per favorire l’assunzione di nutella®. Ciò è tanto vero per l’adulto, quanto (e ancor di più) in riferimento ai bambini ed ai giovani adolescenti. D’altro canto, ignorare l’apporto dei grassi saturi o anche solo di quelli totali nella dieta potrebbe avere conseguenze di: ipercolesterolemia ed incremento ponderale della massa grassa.
Ricordiamo sempre che quanto descritto fa riferimento esclusivo alla porzione raccomandata (1 cucchiaio generoso) di nutella®; incrementandola (comportamento ampiamente diffuso), lo squilibrio nutrizionale aumenterebbe ulteriormente.

 

Nutella® VS altre creme spalmabili

Nutella® è di certo un “mito” italiano; al suo consumo è attribuito un vero e proprio fenomeno sociale. Ciò non toglie che la “perla” di casa Ferrero stenti a reggere il confronto con altre creme spalmabili di concorrenza. Vediamo perché.
Tra le materie prime di composizione delle creme spalmabili dovrebbero prevalere: nocciole, cacao e burro di cacao.
Come abbiamo citato nei paragrafi precedenti, nella nutella® compare una voce piuttosto vaga: olio vegetale. Essendo il burro di cacao un grasso piuttosto pregiato (e costoso), utilizzarlo nella formulazione di una crema spalmabile avrebbe come logica conseguenza la relativa citazione in etichetta; ma così non è per la nutella®. A dirla tutta, non è che dal punto di vista chimico (e metabolico) l’uno e l’altro ingrediente si differenzino in maniera sostanziale; anzi, alcuni oli vegetali possiedono un rapporto di acidi grassi migliore di quello del burro di cacao stesso. L’unico problema risiede nel fatto che non si è in grado di stabilire la reale salubrità della nutella poiché non se ne conosce il quantitativo di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, e soprattutto l’eventuale metodo di raffinazione/lavorazione applicato alla materia prima oleosa.
D’altro canto, la percentuale di nocciole contenute nella nutella® è invece ben chiara; confrontandola con quella di altre creme spalmabili di concorrenza (quelle più rinomate) la nutella delude parecchio, con uno scarto del -32% rispetto al best gamma (che eviteremo di citare).
Anche la quantità di zucchero aggiunto rappresenta un elemento discriminante. Ricordiamo che un’eccessiva percezione del dolce negli alimenti tende a “mascherare” altri sentori potenzialmente carenti o poco gradevoli. La nutella® è tra le creme spalmabili che più ne contiene (>50% del peso complessivo) ed un motivo c’è di sicuro. Sorge il dubbio che la potenza di marketing (a dir poco colossale) della Ferrero possa compensare in maniera più che soddisfacente la concorrenza qualitativa di altri marchi, dimostrando (haimé) l’ignoranza del consumatore medio.

Ovviamente, nella comparazione delle creme spalmabili escludiamo volutamente la variabile del “prezzo” (non pertinente all’obbiettivo della lettura); di questi tempi, si sa, meglio “stringere la cinta” e, a suo vantaggio, la nutella® non rappresenta il prodotto più costoso in commercio, tutt’altro! Rispetto ai nuovi prodotti qualitativamente superiori, nutella® fa risparmiare quasi la metà sul prezzo finale.
Come dire, Ferrero la sa lunga! Con un prodotto che si adattava perfettamente alla domanda commerciale degli anni ’60 continua a prevalere sul mercato. Utilizzando materie prime tendenzialmente meno pregiate rispetto ai nuovi prodotti concorrenti più rinomati (e costosi), l’azienda leader ha saputo investire sul consolidamento del marchio penetrando nelle abitudini degli italiani al punto da non avere più bisogno di reggere il confronto con le aziende rivali. Per sintetizzare l’influsso che nutella® ha ottenuto sulle ultime generazioni, basti pensare che in una nota statistica è stata citata tra alcune delle “ragioni di vita!”

 

 

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/nutella.html
Categories Consigli, News

Le calorie non si contano più!

Il potere delle calorie è finito. La formula “meno calorie assumi meglio è” non è più dominante. Dietologi e nutrizionisti, che per anni ci hanno sottoposto a regimi restrittivi da 1.200 (per le donne) o 1.800 calorie (per gli uomini), si stanno orientando verso un approccio diverso. Una caloria non è uguale all’altra. E aumentare di peso non dipende tanto dalla quantità di calorie assunte, quanto da dove queste provengono. Una cosa è mangiare 100 calorie di merendine, un’altra è assumere le stesse calorie da un piatto di zucchine. La proprietà commutativa, secondo cui mutando l’ordine degli addendi la somma non cambia, vale per la matematica ma non a tavola.
Prendiamo per esempio una dieta da 1.200 calorie. «Se assumo queste calorie da zucchero bianco, ingrasso. Se lo faccio con un’alimentazione equilibrata, no», spiega Rosa Lenoci, presidente dell’Associazione biologi nutrizionisti italiani (Abni). «Gli alimenti sono composti da molecole, non da calorie», dice Lenoci. Dipende da queste molecole se guadagniamo o perdiamo peso. «Zucchero e grassi, per esempio, portano a un aumento della glicemia, che è un fattore predisponente all’accrescimento di peso, anche in presenza di poche calorie». Se la glicemia sale si tende a ingrassare. Punto. «Dobbiamo quindi lavorare sulla qualità di quello che mangiamo: pochi grassi saturi, molte fibre e poco sale. Camminare con la calcolatrice in mano non serve». Meglio camminare e basta.
Le diete ipocaloriche, da seguire per un periodo di una, due, tre settimane, appartengono ormai al passato. «Oggi l’approccio è meno prescrittivo», conferma Luigi Oliva, dietologo esperto nella gestione dell’obesità. «Si è visto che il modello rigido basato sulle calorie è fallimentare. Le diete dimagranti, essendo a scadenza, preparano il terreno a un recupero del peso. Spesso finiscono per essere addirittura ingrassanti». Il motto “meno mangi meglio è” non vale più. «Si dimagrisce non perché si assumono meno calorie, ma perché si è più attivi e si mangia meglio».
L’invenzione della tanto temuta caloria si deve ad Antoine Lavoisier. Solo dopo la sua morte, però, si pensò di usarla anche per misurare la quantità di energia estratta dal cibo. Il primo a farlo, a fine 800, fu Wilbur Olin Atwater, chimico statunitense che misurò le calorie contenute in più di 4mila alimenti. I suoi standard sull’energia disponibile in ogni ettogrammo di cibo rappresentano ancora oggi un riferimento per i nutrizionisti di tutto il mondo. Da qui derivano insomma tutti i nostri problemi. «Basarsi sulle calorie per comporre le diete è stato l’errore iniziale», dice Rosa Lenoci. «La caloria non ha niente a che vedere con il nostro corpo: è un’unità di misura che indica la combustione degli alimenti nel calorimetro. Gli esseri umani però non sono calorimetri. Le nostre cellule non funzionano così, altrimenti bruceremmo». Tramite l’alimentazione l’organismo non produce calore ma energia chimica. «Prendiamo la paglia», spiega la presidente di Abni. «Se la bruciamo nel calorimetro produce calore, ma nel nostro corpo non ci dà energia». La stessa cosa vale per gli alcolici: producono calore, ma non saziano. Due bicchieri di whiskey hanno le stesse calorie di un piatto di pasta, ma un valore diverso per il funzionamento dell’organismo.
La conta delle calorie non è però del tutto inutile: «Può servire a dare un’idea globale dell’alimento», dice Lenoci. «Ma da sola non basta: bisogna accompagnare le informazioni sulle calorie con i valori nutrizionali dei cibi», perché a volte quelli più calorici fanno ingrassare meno. «La frutta secca, per esempio, ha più calorie dello zucchero, ma non determina lo stesso aumento di peso». Il burro ha meno calorie dell’olio d’oliva o di semi, ma contiene grassi saturi e fa ingrassare di più.
Anche l’altezza, il livello di grasso corporeo, lo stress e gli ormoni sono fattori che possono far variare la quantità di energia assorbita da un alimento. «Bisogna tenere conto delle esigenze nutrizionali del soggetto», spiega Luigi Oliva, «partendo dal metabolismo basale, cioè da quanta energia si consuma». Gli scienziati del Beltsville Human Nutrition Research Center, agenzia del dipartimento dell’Agricoltura americano, hanno scoperto che i nostri corpi a volte estraggono dagli alimenti quantità minori di energia di quella indicata sulle confezioni. Alcuni partecipanti agli studi, per esempio, hanno assorbito un terzo in meno delle calorie dalle mandorle rispetto ai valori scritti sull’etichetta nutrizionale: perché molto dipende dai microrganismi che popolano il nostro intestino. Nel 2013 alla Washington University hanno studiato il caso di due gemelli: uno obeso, l’altro magro. Gli scienziati hanno prelevato i microbi intestinali da ciascuno, impiantandoli nei topi. Risultato: a parità di calorie assunte, gli animali che avevano ricevuto i microbi dal gemello obeso avevano guadagnato peso, gli altri erano rimasti magri.
Anche il momento del giorno in cui si mangia influenza l’assunzione di calorie. Gli studiosi di Beltsville hanno notato che i topi nutriti con una dieta ricca di grassi tra le 9 e le 17 guadagnano il 28% in meno di peso rispetto ai topi nutriti con la stessa quantità di cibo nell’arco delle 24 ore. L’alimentazione irregolare, hanno spiegato, influenza negativamente il modo in cui il fegato metabolizza il cibo, alterando l’equilibrio energetico.
I valori energetici cambiano anche a seconda che i cibi siano cotti o crudi. Nei primi anni ’70 Richard Wrangham, antropologo di Harvard, si è nutrito come gli scimpanzé per un giorno intero: solo frutta, semi, foglie e insetti. Tutto crudo. Ma a fine giornata continuava ad avere fame. Molti anni dopo ha scoperto che i cibi cotti contengono più calorie di quelli crudi, perché la cottura rompe le strutture che racchiudono l’energia negli alimenti.
«La chiave per mantenersi in salute è una sola», conclude Oliva, «passare dai numeri ai buoni comportamenti alimentari».

Gli errori più comuni
Conteggiare le calorie di tutto quello che mangiamo è impossibile. Anche perché spesso si cade in errori grossolani. Per esempio: se anziché mangiare una porzione di pasta al pomodoro da 100 grammi si preferisce mangiare metà porzione di pasta in bianco per “risparmiare calorie”, bisogna tenere d’occhio l’olio d’oliva. Cinquanta grammi di pasta con 30 grammi di olio danno 70 calorie in più di 100 grammi di pasta al pomodoro. E il grasso non solo dà meno sazietà, ma fa perdere il controllo alimentare portando a una maggiore assunzione di cibo. Attenzione anche agli spuntini “leggeri” come i cracker: 50 grammi di cracker hanno 210 calorie, 50 grammi di pane arrivano a 130. Occhio anche ai prodotti light e dietetici: possono avere poche calorie, ma queste spesso provengono da zuccheri semplici o, ancora peggio, dai grassi. L’ago della bilancia non solo non si sposterà verso il basso, ma potrebbe salire.

 

fonte www.repubblica.it

Categories Consigli, News, Pasti

La Dieta Depurativa

Una dieta depurativa è un regime alimentare particolare, volto ad esaltare l’eliminazione delle sostanze tossiche presenti nel sangue tramite una scelta ponderata dei cibi. Seguendo una corretta alimentazione è infatti possibile coadiuvare i naturali processi di detossificazione dell’organismo e ridurre la quota di tossine originatasi durante i vari metabolismi.Una dieta depurativa dovrà quindi basarsi sul consumo di alimenti di facile digestione, poveri di grassi e soprattutto di proteine.

Purificare gli Organi Emuntori

Le scorie azotate derivanti dal metabolismo epatico dei protidi vengono eliminate attraverso l’emuntorio renale e sono proprio questi due organi a sobbarcarsi la maggior parte dell’attività detossificante.

Il fegato, in particolare, viene messo a dura prova dagli eccessi alimentari (pasti troppo abbondanti, abuso di alcool ecc.) ed il suo iperlavoro finisce col rallentare l’attività metabolica dell’intero organismo. Inoltre, se la quantità di tossine da metabolizzare è eccessiva, la sua capacità depurativa si satura e tali sostanze permangono in circolo.

Oltre a ridurre l’introito proteico e contenere gli apporti calorici, una dieta depurativa deve promuovere l’ottimale funzionalità epatica, fornendo al fegato tutti i substrati necessari a sostenere i vari processi di detossificazione. In generale, tali sostanze si trovano nei vegetali e negli alimenti integrali, ma anche in quelli animali come uova e pesce, che – anche se con una certa moderazione – devono comunque essere consumati regolarmente.

Vi sono poi dei vegetali dotati di una specifica attività “epatoprotettiva” anche se tale termine, ampiamente utilizzato in passato, risulta improprio. Carciofo, boldo e cardo mariano, promuovono, per esempio, la funzionalità epatica, favorendo la secrezione biliare e migliorando, di conseguenza, anche la salute dell’intestino.

Una dieta depurativa deve facilitare l’eliminazione delle tossine per via urinaria e fecale (la terza via, il sudore, può essere potenziata dall’attività fisica o dal soggiorno in ambienti caldi, come la sauna e il bagno turco).

A tale scopo risultano particolarmente utili i cibi diuretici da un lato e quelli ricchi di fibra/lassativi dall’altro; anche in questo caso entrambi gli effetti sono prerogativa degli alimenti di origine vegetale. E’ inoltre importante mantenere elevato l’apporto di liquidi, che possono provenire dall’acqua oppure da succhi di frutta non zuccherati, centrifugati e tisane.

 

Cosa Mangiare?

In definitiva, quindi, ogni dieta depurativa che si rispetti risulta ricca di alimenti vegetali, povera di cibi animali e incentrata sulla restrizione calorica, senza comunque arrivare al digiuno assoluto o ad inutili privazioni.

Spesso, quando si tirano in ballo aggettivi come “depurante, depurativo e disintossicante” entra in gioco un indubbio condizionamento psicologico, secondo cui è necessario “pulire un corpo affaticato da ritmi di vita frenetici, inquinamento, cattiva alimentazione ed altri fattori stressogeni”.

Sfruttando questa convinzione affascinante e particolarmente diffusa, vengono proposte soluzioni prive di qualsiasi evidenza scientifica, spesso eccessive o addirittura pericolose; vediamo così persone correre sotto il sole cocente indossando una tuta termica, altre adottare regimi alimentari quantomeno discutibili (dieta fruttista o crudista, digiuno programmato ecc.), altre ancora ricorrere a clisteri con il solo scopo di pulire il proprio intestino e via discorrendo.

Ovviamente non sono certo questi ulteriori ed importanti stress (disidratazione, squilibri elettrolitici, carenze alimentari ecc.) ad aiutare un organismo già provato dal presunto eccesso di tossine.

Alimenti Consigliati e da Evitare

Alcuni alimenti consigliati durante una dieta depurativa: ananas, carciofo, cipolla, cetriolo, cocomero, finocchio, prezzemolo, sedano, cavoli, broccoli, succo d’uva, frutti di bosco, riso integrale, succhi di frutta non troppo zuccherati e spremute di agrumi, yogurt anche in questo caso senza troppi zuccheri aggiunti, mela, the verde, prugne, olio di oliva ed oli di semi (ricordare inoltre di lavarsi sempre accuratamente le mani prima di mangiare).

 

Alcuni alimenti sconsigliati durante una dieta depurativa (e da moderare in quella di tutti i giorni): sale, cibi affumicati, abbrustoliti, eccessivamente salati o fritti, salumi, cioccolato, dolciumi, caffè, carni grasse ed eccessi alimentari in genere.
Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/

 

Categories Colazione

Noci, noccioline & co.

Frutta a guscio: alla nostra salute fa benissimo, e allunga la vita. Tutte le ultime ricerche scientifiche lo confermano. Non dovrebbe mancare dalla nostra dieta quotidiana. D’accordo, ma quale è meglio consumare? E in che quantità? Ecco una piccola panoramica tra pistacchi, anacardi, noci, noccioline etc.

Prima d’iniziare, però, sfatiamo una sorta di mito: quello sulla bomba calorica che rappresenterebbero noci&co. Molte persone, infatti, si trattengono dal consumarne, un po’ per mancanza d’abitudine, un po’ perchè temono, appunto, che apportino troppe calorie nella nostra dieta. É vero: oltre che un’eccellente fonte di proteine, minerali, fibre e altri nutrienti benefici, la frutta a guscio è un’ottima fonte energetica, grazie ai suoi grassi monoinsaturi. Ma molti studi hanno dimostrato che il suo consumo aiuta addirittura la perdita di peso, oltre a contrastare il colesterolo alto e promuovere la salute del cuore. Il segreto sta tutto nella dose giusta.

E la dose giusta è… una “porzione”, 30 grammi circa. Ogni giorno della vita. Si tratta di circa 20-25 mandorle, mentre di grosse noci ne bastano 5-7. Nel dubbio, abbondare non fa male, anzi: 20-25 unità al giorno. Senza arrivare all’esagerazione, e stando all’occhio alle creme spalmabili e tritati, dato che in quei casi il numero può aumentare vertiginosamente.

In cima alla classifica compaiono di solito le mandorle, emblema dell’alimento calorico che bisogna mangiare. Tra tutte sono quelle con più fibre; sono ricchissime di vitamine, soprattutto la E, un potente antiossidante. Sono anche ricche di sali minerali, tra cui il magnesio; fanno bene alla pelle, combattono il colesterolo “cattivo”. Se avete forti problemi di linea, magari attenetevi alle 10-15 unità: le calorie sono quasi 600 per 100 gr.

Anch’esse ricchissime di antiossidanti, ogni noce è un mini-scrigno di tesori nutritivi naturale. Ci proteggono in molti modi e in molti organi, a partire dal cuore. Le noci secche sono ancora un pelino più caloriche delle mandorle, circa 612 kc per 100 gr, ma almeno 1 o 2 al giorno sono calorie buone che a lungo termine non vi pentirete di aver incluso nella vostra dieta, dato che le ricerche dimostrano quanto siano importanti per riuscire a mantenere il peso ideale.

Le arachidi (non salate!) in realtà sono legumi, non frutti oleosi, ma solitamente si trovano in quest’ultima categoria per le similitudini nelle proprietà e benefici. Vitamina E, manganesio, rame, ariginina (essenziale ai bambini in fase di crescita)…di calorie le noccioline tostate ne hanno circa 594/100 gr: 8 o 10 unità al giorno è una dose sana.

Tra tutte, probabilmente quelle che hanno meno grassi sono gli anacardi, e comunque i grassi che hanno sono naturalmente “buoni” (circa 550kc/100 gr). Sono anche una buona fonte di ferro, zinco e magnesio, così prezioso per la memoria. Il numero giusto? 4 o 5 al giorno.

Se si parla invece di contenimento calorico, probabilmente in cima alla classifica ci sono i pistacchi – ne hanno “solo” 560 circa al grammo, che significa meno di 4 a pistacchio. In più, il guscio rallenta i tempi con cui le ingolliamo! Vitamine del gruppo B (soprattutto B1 e B6). L-arginina così buona per arterie e fegato, e poi la solita vitamina E…5-7 pistacchi al giorno, è perfetto.

Le nocciole, anch’esse ricchissime di vitamine e sali minerali, hanno tra le 600 e le 650 kc/100 gr (e si oscilla più verso la seconda…). Ma, come tutta l’altra frutta a guscio: sceglietela per l’apporto lipidico della vostra dieta. Come sostituto degli snack, e per arricchire le vostre preparazioni salate – più che dolci, e ricordando: ogni giorno, e non una grande abbuffata una volta ogni tanto.

 

fonte www.salepepe.it
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Il Topinambur

Il Topinambur è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Compositae, fiorisce a fine estate con dei bellissimi fiori color giallo intenso simili a piccole margheritine.

La parte interessante della pianta è il tubero, simile ad una patata selvatica o allo zenzero, con una buccia color marroncino chiaro e una forma un po’ sbruzzolosa. E’ proprio questa parte della pianta infatti ad essere una miniera di ottime proprietà nutrizionali a partire dall’alto contenuto di fibre e vitamine in particolare vitamina A e vitamina H (o biotina), che lo rendono un ortaggio perfetto da consumare in casi di stanchezza fisica, convalescenza, poco appetito o dolori muscolari. E’ ricchissimo di inulina e ha poche calorie (30 Kcal per 100 grammi di prodotto). E’ è stato osservato che, dopo un pasto di soli topinambur, non solo il livello di glicemia nel sangue rimane invariato, ma quest’ortaggio sarebbe anche in grado di limitare l’assorbimento degli zuccheri e del colesterolo nell’intestino, è adatto quindi ai diabetici e a chi segue particolari diete!!

Un’altra curiosità decisamente interessante è il fatto che il topinambur venga considerato da molti un vero e proprio “probiotico”, questo perché stimola la produzione del “Bifidobacterium” un microorganismo che produce acido folico e vitamine del gruppo B, utile quindi alla flora batterica intestinale. Insomma, un piccolo tubero davvero prezioso per il nostro organismo e che sta, per fortuna, tornando a popolare i nostri supermercati.

Ma come utilizzarlo al meglio in cucina? Il topinambur può essere preparato proprio come le classiche patate, cotto in padella, bollitto, unito a pasta o risotti ecc… Oppure può essere usato crudo, metodo che personalmente apprezzo di più sia per il sapore che per la maggiore disponibilità di vitamine, sali minerali ecc. Provatelo nelle insalate, tagliato a fettine sottilissime, con olio e aceto è davvero squistito! Essendo molto fresco e ricco di acqua si presa benissimo a queste preparazioni raw!

Assunzione ed effetti collaterali

Il topinambur va acquistato sodo, senza ammaccature e non deve essere conservato a contatto con l’aria per evitare che raggrinzisca. Questa pianta ha una polpa carnosa e bianca ed un sapore estremamente gradevole e delicato, che lo rende simile sia alla patata che ai carciofi. E’ un alimento estremamente versatile in cucina che può essere consumato crudo per non perdere le proprietà nutritive, tagliato a fette, in insalata, grattugiato o semplicemente condito con olio extravergine di oliva o limone. E’ ideale, però, anche cottolessato, fritto, cotto al forno o ridotto in purea. In ogni caso è importante non eccedere con le quantità giornaliere per evitare che l’organismo non riesca a smaltire l’inulina in esso presente. Un consumo eccessivo di questo ortaggio, infatti, può comportare diarrea, mal di pancia, flatulenza e meteorismo intestinale. La dose quotidiana consigliata per una persona adulta è di 200 grammi, che corrisponde ad un topinambur di medie dimensioni.

 

Una buona ricetta veloce può essere una deliziosa insalatona con quinoa, puntarelle, arance, radicchio… davvero molto buona, rinfrescante, leggera e nutriente.

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fonti articolo e foto: www.ilgolosomangiarsano.com, www.tantasalute.it, www.greenstyle.it

 

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Zuppa di Zucca e Zenzero di Laura

 Ingredienti:

  • 1 porro
  • 1 carota
  • Sale q.b.
  • Zenzero fresco 20gr
  • Pepe qb
  • Brodo di verdure
  • Paprika dolce 1 cucchiaino
  • Olio extra vergine d’oliva

 

Preparazione:

Iniziamo pulendo la zucca, svuotandola dei semi e tagliandola a cubetti eliminando la buccia, dopodiché puliamo anche lo zenzero e tagliamolo a cubetti. Laviamo il porro, eliminiamo le foglie più esterne e affettiamolo a rondelle sottili. Procediamo versando in una pentola alta i porri tagliati, la cipolla e un filo d’olio. Facciamo soffriggere per 5 minuti dopo di che versiamo un mestolo di brodo caldo e aggiungiamo anche lo zenzero a cubetti e la zucca. Aggiustiamo di sale e pepe e lasciamo cuocere per 25 minuti circa a fuoco medio aggiungendo del brodo poco alla volta durante la cottura. Quando la zucca risulterà morbida togliamo dal fuoco, passiamo il tutto al minipimer, aromatizziamo con un cucchiaio di paprika dolce, aggiungiamo un filo di olio e i semi di chia. Possiamo servire la vellutata con crostini caldi e gustarci un mondo di sapori!

 

Visto che abbiamo già parlato delle proprietà degli alimenti che compongono questa gustosissima ricetta, oggi vi propongo questo articolo che ci spiega molto bene perché soprattutto in autunno ed in inverno è importante mangiare le zuppe!

Grazie Laura per gli spunti che ci offri e le ricettine che ci regali!

 

Le zuppe sono composte prevalentemente da verdure a cui possiamo  aggiungere una fetta di pane integrale tostato. Possiedono una qualità piuttosto rara nella cucina moderna: quella di offrire in un’unica soluzione un piatto ricchissimo in nutrienti (vitamine, minerali, oligoelementi, fibra e antiossidanti) e con ridotta densità energetica, ovvero in grado di apportare poche calorie. L’esatto contrario dei cibi di cui ci nutriamo prevalentemente oggi, che sono invece ad alta densità energetica, ovvero ricchi in calorie, ma estremamente poveri di nutrienti. Fanno parte di quest’ultima categoria alimenti di uso quotidiano, come il pane bianco, la pasta, i biscotti, le merendine, le bibite zuccherate, le fette biscottate, i grissini e le gallette. Anche le minestre, che, a differenza delle zuppe prevedono l’aggiunta di cereali come farro, orzo e riso, apportano più nutrienti se usiamo cereali integrali, e meno calorie di un comune primo piatto. Bastano infatti 50-60 grammi di cereale per ottenere una porzione di minestra, mentre la stessa dose risulterebbe insufficiente per una pasta asciutta. Le zuppe e le minestre, infatti, hanno un elevato potere saziante per la presenza di abbondante acqua e fibra.

Mangiare zuppe, inoltre, è un modo semplice per aumentare il consumo di verdure. Chi vuole perdere un poco di peso può sostituire, due volte a settimana, la cena con una zuppa vegetale in modo da ridurre le calorie, senza rinunciare al gusto e senza patire la fame. Prepariamole in casa, non compriamo quelle precotte che sono ricche in sale e conservanti, e impoverite di vitamine. La differenza si percepisce subito, e non solo al gusto: una zuppa fatta in casa può essere diuretica, una comprata invece, frequentemente crea ritenzione idrica per la presenza di sodio e mono glutammato.

 

I benefici delle zuppe sono molteplici:

  • Facili da preparare.Basta aggiungere le verdure in pentola, versare dell’acqua, eventualmente insaporire con spezie, e aspettare che lentamente il calore misceli gli alimenti sprigionando un sapore ogni volta diverso e unico.
  • Perché ci consentono di fare il pieno di verdure, le quali apportano minerali, vitamine e fibra, indispensabili per la salute. Non dimentichiamo di aggiungere spezie ed erbe aromatiche per arricchire così la zuppa non solo di gusto, ma anche di preziosi antiossidanti.
  • L’elevato contenuto di acqua e la presenza di verdure ricche in fibra inducono lo stomaco a distendersi e ci fanno sentire sazi. Gli studi dimostrano che iniziare il pasto con una zuppa induce a ridurre spontaneamente l’assunzione di calorie del 20 percento, per l’instaurarsi di una più precoce sensazione di sazietà.
  • A ridotto contenuto di grassi.Sono talmente ricche in sapore che basta aggiungere un filo di olio a crudo perché siano pronte da gustare.
  • Ad elevato potere idratante e remineralizzante.Con le zuppe aumentiamo l’assunzione di liquidi e minerali disciolti in forma colloidale, una forma che li rende più biodisponibili, ovvero più assorbibili ed utilizzabili dal nostro corpo.
  • Una zuppa a base di verdure o una minestra di cereali rappresentano un pasto ipocalorico che non impegna la digestione per ore interferendo con il riposo notturno e con la capacità del corpo di riparare.
  • Favoriscono il transito intestinale.La ricchezza in fibra di verdure, cereali integrali e legumi, stimola la peristalsi e nutre la flora batterica intestinale “buona”, promuovendone la crescita.
  • Possiamo aggiungere qualunque verdura avanzata o comprata per l’occasione, insieme ad un pugno di cereali integri come farro, orzo, miglio, quinoa e legumi, per ottenere il nutrimento di un pasto completo, ad un costo estremamente contenuto.

 

 

fonte www.plenair.it

 

 

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Un po’ di tutto, ma quanto?

Quando è ora di preparare pranzo e cena apriamo la nostra dispensa, ormai abbiamo imparato bene che la nostra alimentazione deve essere varia, perciò abbiamo di fronte a noi cereali di tutti i tipi, semi oleosi, in frigo non mancano frutta e verdura, carne e pesce sono freschi, insomma la nostra spesa è fatta come si deve! Ma… QUANTO devo mangiare per non esagerare e soprattutto per non avere fame ancora subito dopo il pasto?

Per rispondere alla domanda della nostra amica Giada che ci chiede: “Poco di tutto, ma quanto poco?”, ho trovato questo interessante articolo che vi propongo che ci riassume bene a quanto corrispondono le porzioni e ci dà alcuni consigli per consumare correttamente i pasti.

Buona lettura!

Nella nostra società opulenta siamo portati a mangiare spesso, anche quando non c’è un’esigenza reale, perché il cibo non soddisfa solo la “sensazione fisica della fame” ma è usato per allietare i momenti conviviali, per calmare le emozioni o solo per soddisfare il palato. Spesso il desiderio di mangiare deriva da uno stato psicologico (fame emotiva) che è dovuto a quello che nutrizionisti e psicologi chiamano “disturbo del comportamento alimentare”. Questo disturbo ci induce a mangiare anche quando il nostro organismo non ne ha necessità.

Se però si parte dal presupposto che un sano stile di vita e una corretta alimentazione possono migliorare il nostro benessere fisico e mentale, allora l’assunzione di cibo deve essere commisurata al nostro fabbisogno calorico e deve garantirci tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Gli strappi alla regola sono chiaramente concessi in determinate e saltuarie occasioni, ma quotidianamente è importante fare attenzione alla qualità e alle quantità degli alimenti scelti. Si può quindi dire che non esistono di per sé cibi “dannosi” e cibi “buoni”, tutto sta nel trovare il giusto equilibrio, aumentando le nostre conoscenze sui cibi da preferire e sulle porzioni che vanno assunte.

Il concetto di porzione

Cosa si intende, dunque, con il concetto di porzione, molto diffuso ma di non facile definizione? Si legge di frequente di cucchiai, bicchieri, pugni, manciate, unità di misura molto varie che cambiano di casa in casa, da individuo a individuo. Come venir fuori da questa confusione?

A darci delle risposte ci ha pensato la SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) che ha identificato delle quantità standard per i principali gruppi di alimenti al fine di orientare le persone verso le scelte più salutari e che consentono un apporto adeguato di nutrienti.

La “porzione” è definita come la quantità standard di alimento espressa in grammi, che si assume come unità di misura da utilizzare per un’alimentazione equilibrata. La quantità di cibo forma una porzione è l’unità di misura, le porzioni o mezze porzioni e così via possono variare da individuo a individuo in base a sesso, età, peso, attività fisica.

Tuttavia se si considera un individuo adulto senza particolari problemi di salute sono state individuate alcune porzioni mediamente standard, espresse nella tabella sotto.

Per l’alimentazione dei bambini è bene invece rivolgersi al proprio pediatra per valutare quali sono le porzioni consigliate in base alle caratteristiche fisiche e alla fase di vita in cui il piccolo si trova, il pediatra valuterà la quantità e qualità del cibo in base ai “percentili” un calcolo spesso complesso per un genitore.

GRUPPO DI ALIMENTI ALIMENTI PORZIONE (g)
LATTE E DERIVATI latte 125 (ml)
yogurt 125
formaggio fresco 100
formaggio stagionato 50
CARNE, PESCE, UOVA carne rossa o bianca 100
salumi e affettati 50
pesce, molluschi, crostacei (fresco o surgelato) 150
pesce, molluschi, crostacei (in scatola) 50
uova 50
LEGUMI legumi freschi o in scatola 150
legumi secchi 50
CEREALI E DERIVATI, TUBERI pane 50
pasta, riso, orzo, farro o mais (*) 80
sostituti del pane (tarallini, creacker, grissini) 30
dolciumi da forno (brioche, croissant, biscotti) 50
cerali per la colazione 30
patate 200
VERDURE E ORTAGGI insalata a foglie 80
verdure e ortaggi (crudi o cotti) 200
FRUTTA frutta fresca 150
frutta secco (guscio o zuccherina) 30
GRASSI DA CONDIMENTO olioextravergine di oliva, olio di semi 10 (ml)
burro 10
ACQUA 200 (ml)
BEVANDE ANALCOLICHE succhi di frutta, spremute, tè freddo 200 (ml)
tè caldo 250 (ml)
caffè 50 (ml)
BEVANDE ALCOLICHE vino 125 (ml)
birra 330 (ml)
aperitivi 75 (ml)
superalcolici 40 (ml)
DOLCIUMI zucchero 5
miele, marmellata 20
gelati, torte, dolci al cucchiaio 100
snack, barrette, cioccolato 30

(*) in minestra, la porzione è dimezzata. Fonte SINU (Società Italiana Nutrizione Umana) – LARN 2014 (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia)

Chiunque voglia adottare porzioni corrette deve pesare il cibo, ma non preoccupatevi dopo qualche “pesata” imparerete, come accade ai cuochi, a riconoscere il volume degli alimenti e potrete procedere a occhio senza paura di sbagliare, ogni tanto, se avete dei dubbi, potete ripesare il cibo per rinfrescarvi la memoria. Tenete presente che nella corretta alimentazione variazioni di porzione a livello di pochi grammi non hanno effetti significativi, ad esempio, un uovo di gallina può essere 55 o 65 g, un bicchiere di latte 125 o 150 g, una fetta di pane 50 o 60 g, qualche scaglia di Grana Padano può pesare 50 o anche 60 g, dipende da quanto è stagionato e quanta acqua quindi contiene, un cucchiaio da cucina non colmo è mediamente 10g. Abituatevi a capire i volumi mentre pesate, ovviamente tenete conto che l’eccesso anche di 5 o 10 g non deve essere la regola.

Il bilancio energetico: tanto introduco, tanto consumo

Prestare attenzione alle porzioni da consumare, in qualità e quantità degli alimenti, vuol dire garantire al proprio corpo uno stato di salute e un peso “forma”, cercando così di evitare l’accumulo di chili in più. Questo significa che occorre raggiungere il bilancio energetico, cioè l’equilibrio tra l’energia introdotta con gli alimenti e l’energia spesa con le attività quotidiane e il movimento. Come una macchina, il corpo ha bisogno di carburante per funzionare, il cibo. Se assumiamo troppo carburante rispetto al nostro fabbisogno il nostro organismo non lo eliminerà, ma lo terrà di riserva, in particolare accumulerà grassi che possono causare problemi di salute. È bene quindi, nell’ambito di un sano stile di vita, alimentarsi correttamente e svolgere attività in modo costante, ma senza eccessi né di alimenti né di attività motoria. Per conoscere quante calorie apportano gli alimenti e quante se ne consumano con l’attività fisica puoi consultare le specifiche tabelle presenti sul sito.

Porzioni, necessità e sazietà

Seguire con attenzione le dosi consigliate “porzioni” delle linee guida della tabella può avere degli inconvenienti di carattere psicologico, soprattutto per chi deve perdere peso e il nutrizionista o dietista le ha ridotte rispetto alla media. Spesso si ha l’impressione che il piatto sia “vuoto” e che non si raggiunga la sazietà.

Ci sono però dei comportamenti che possono evitare queste sensazioni. Ad esempio:

  • Consumare il pasto piano, masticando lentamente. L’organismo inizia a mandarci “messaggi” di sazietà dopo circa 20 minuti, da questo punto in avanti la fame sarà sempre minore e se consumerete uno dei 3 pasti principali in almeno 30-35 minuti, non mangerete troppo e vi alzerete da tavola sazi.
  • I bocconi non devono essere più grandi della falange del pollice, la forchetta non va riempita più di un terzo della lunghezza dei rebbi.
  • Usare piatti non troppo grandi, o profondi.
  • Bere un bel bicchiere d’acqua prima dei pasti e tranquillamente durante.
  • Iniziare il pasto con un bel piatto di verdura riempie lo stomaco e diminuisce la fame.

Bisogna inoltre considerare che tipo di alimento mangiamo e che volume ha: 50 g di Grana Padano DOP possono sembrare pochi se confrontati con 100 g di formaggio fresco. Tuttavia il Grana Padano, essendo un formaggio stagionato fatto di latte (ne occorrono circa 0,75 litri per fare 50 g di formaggio) mantiene tutti i nutrienti del latte in modo concentrato ed anche meno grassi rispetto al latte intero perché viene parzialmente decremato durante la lavorazione, pesa meno perché c’è pochissima acqua. Un’insalata  con 50 g di Grana Padano in scaglie, condita con un cucchiaio di olio di oliva e limone, può essere un ottimo secondo piatto da consumarsi 2 volte a settimana al posto di carne, pesce o 2 uova, dopo aver mangiato un primo a base di pasta o riso.

Quantità con unità di misure casalinghe: cucchiaio e bicchiere

Quando leggete una ricetta o seguite il consiglio di un’amica o di uno chef, spesso vi trovate di fronte a delle unità di misura come un bicchiere, un cucchiaio, un cucchiaino. Come sappiamo questi utensili hanno dimensioni differenti: quale cucchiaino o bicchiere? In linea di massima si considera.

  • Cucchiaio: da tavola per minestra o brodo che mediamente contiene 10 g di liquidi come l’olio, la panna, ecc.. Nei liquidi il cucchiaio è ovviamente raso, ma se contiene Grana Padano grattugiato, sale, farina, zucchero ecc. può essere raso o colmo, ovviamente il peso del contenuto cambierà mediamente del 50% in più.
  • Cucchiaino: da caffè, da tè, da dolce che mediamente contiene raso 5g di liquidi, o più nel caso sia colmo in proporzione come per il cucchiaio.

Potete quindi quantificare le porzioni in numero di cucchiai e cucchiaini da tavola senza dover pesare, meglio però verificare almeno una volta il peso del contenuto dei vostri cucchiai o cucchiaini.

  • Il bicchiere: le dimensioni di quelli disponibili sono molto variabili e variabile è il contenuto di un bicchiere da acqua o da vino. Il moderno design ed anche l’evoluzione del tipo di bicchiere in cui bere il vino ha creato una differenza notevole nelle capacità contenibili. Vi sono bicchieri da acqua e vino da 120 ml e anche da 300. Per il bicchiere è d’obbligo verificare quanto contiene il bicchiere che usiamo in particolare se beviamo vino o condiamo con grassi liquidi. Nell’uso gastronomico un bicchiere di vino, grande o piccolo, non influisce sulla nutrizione, perché l’alcol contenuto evapora durante la cottura, influisce molto invece se lo beviamo perché un grammo di alcol (o ml di etanolo) contiene più di 5 calorie per grammo, oltretutto vuote (cioè senza macronutrienti).

Nel caso dei condimenti invece la cosa può cambiare molto. Un bicchiere di olio d’oliva da 125 ml (circa 110 g) contiene più di 900 calorie, se ne usate uno da 150 g che a occhio può sembrare uguale, la differenza di 40 g apporta 360 calorie (Kcal). L’olio per il condimento di un arrosto o del ragù e sughi vari, al contrario del vino, viene mangiato in gran parte o tutto se fate la “scarpetta”.

Occhio al bicchiere e pesate i vari liquidi prima di usarli per verificare il contenuto in g o ml e cl rispetto alla capienza del bicchiere, tenete quindi il bicchiere come unità di misura, e quando leggete o sentite dire un bicchiere di … cercate sempre di capire di cosa si tratta.

 

fonte www.educazionenutrizionale.granapadano.it

 

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Salsa di avocado di Lucia

Per riprendere alla grande la nostra amica Lucia (che è sempre sul pezzo) ci propone la sua salsa di avocado.

Ingredienti:

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  • 1 avocado maturo
  • succo di mezzo limone
  • un pizzico di sale

Preparazione:

Tagliare a metà l’avocado ed estrarne la polpa. Per una buona riuscita della salsa è necessario che il frutto sia maturo, in caso contrario non si otterranno consistenza e gusto desiderati.

Aggiungere il succo di mezzo limone e un pizzico di sale e ridurre tutto a salsa con una forchetta.

Far riposare qualche minuto e servire con dei crostini o con delle fette di pane tostato.

Proprietà:

Cosa chiedere di più? Ricetta semplice ma con mille proprietà benefiche! L’avocado dovrebbe essere presente nella nostra normale alimentazione e subito vi spiego il perché.

L’interno verde e polposo dell’avocado è ricco di proprietà benefiche per la salute, conosciute già dalle antiche popolazioni sudamericane che lo avevano inserito nella loro dieta quotidiana (anche perché ritenevano avesse virtù afrodisiache). Hemingway lo definì “un cibo che non ha rivali tra i frutti, il vero frutto del paradiso” e non a caso…

1) Antiossidante. L’avocado è ricco di sostanze antiossidanti, soprattutto vitamine A ed E, che aiutano il nostro organismo a liberarsi dai radicali liberi e ritardare così l’invecchiamento, mantenendo la pelle morbida ed elastica. Tra le altre vitamine presenti nella sua polpa ci sono la B1, B2, B6, D, K e PP.

2) Ricco di minerali. L’avocado è ricchissimo di potassio, ne possiede una quantità paragonabile a quella presente in 3 banane, e offre anche un piccola dose di magnesio, calcio, fosforo e zolfo.

3) Riduce il colesterolo. L’avocado è ricco di grassi insaturi e omega-3, essenziali per l’organismo in quanto stimolano la produzione di colesterolo ‘buono’ e impediscono il deposito di colesterolo ‘cattivo’. Cio’ fa sì quindi che l’assunzione di questo frutto riduca la possibilità che si sviluppino problemi a livello cardiovascolare.

4) Fornisce molta energia. In 100 grammi di questo frutto si trovano il 7 % di zuccheri, il 19% di grassi e circa il 2% di proteine per un totale di 230 calorie, variabili a seconda della grandezza dell’avocado.

5) Facile da digerire. Nonostante i grassi e gli altri elementi di cui è ricco, l’avocado è un frutto facilmente digeribile e dalle capacità astringenti, è ottimo ad esempio quando si ha un attacco di dissenteria e per chi soffre di colite o gastrite.

Anche la Cancer Cure Foundation, nota associazione che si occupa di combattere il cancro, ha riconosciuto le proprietà benefiche di questo frutto tanto da averlo inserito nell’elenco dei 27 cibi considerati essenziali per la prevenzione del cancro. Il suo consumo è consigliato un po’ a tutti: bambini, anziani, donne in gravidanza, vegetariani e diabetici.

Tanti sono gli utilizzi di questo frutto anche a livello di cosmesi e cura del corpo:

1) Impacco per capelli secchi: schiacciate la polpa di un avocado fino ad ottenere una crema. Applicatela poi sui capelli umidi per almeno un’ora e sciacquate infine accuratamente.

2) Maschera per il viso: schiacciate la polpa di un avocado molto maturo e poi aggiungete due cucchiai di olio di mandorle. Tenete in posa per mezzora circa e poi risciacquate.

3) Burro di cacao autoprodotto: sciogliete a bagnomaria 40 gr di cera d’api, aggiungete 25 gr di miele e 50 gr di olio di avocado, amalgamate bene e togliete tutto dal fuoco. Continuate a mescolare finché il composto non si fredda, versatelo poi in piccoli vasetti.

(www.greenme.it)

Quindi, cosa state aspettando? Uscite subito a comprare un avocado e fatevi questo gustoso spuntino a cui non riuscirete più a rinunciare, garantito!!! Grazie Lucia!

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La pizza

La pizza, proprio quella con la “pummarola ‘ncoppa”, ha molte proprietà benefiche .Lo rivela uno studio italiano, secondo cui il consumo di pizza è associato ad una riduzione di un terzo da rischio di infarto.Per la regina delle pizze, l’intramontabile margherita, gli ingredienti sono la pasta, il pomodoro, la mozzarella, l’olio extravergine d’oliva, il basilico e il sale marino. Cento grammi di pizza contengono approssimativamente 52 grammi di carboidrati, 20 grammi di salsa di pomodoro, 20 grammi di mozzarella, 4 grammi di olio di oliva, 2 grammi di lievito, più svariati condimenti.La pasta si prepara con la farina, ricca di carboidrati complessi, quindi di energia, i cereali forniscono anche una discreta quantità di proteine, vitamine del gruppo B, minerali e fibre.L’olio extravergine di oliva garantirà l’apporto dei benefici grassi vegetali e, insieme ad essi, i preziosi polifenoli, sostanze ad attività antiossidante che hanno la proprietà di contrastare i temibilissimi radicali liberi.

La mozzarella ed, eventualmente, il parmigiano o il pecorino, aggiungeranno modiche quantità di proteine animali e ancora un po’ di grassi. Va rilevato che i grassi non rappresentano solo una fonte calorica, ma sono i principali responsabili della palatabilità della pizza ed è impossibile farne a meno se si vuole ottenere un buon prodotto.

Il pomodoro, “principe” della cucina mediterranea, sembra fatto apposta per la pizza: il suo licopene, un potente antiossidante e antitumorale, è più biodisponibile se associato ai grassi (della mozzarella e dell’olio per esempio). Come se non bastasse è anche l’alimento che più facilita la digestione degli amidi del pane e della pasta. Il pomodoro da salsa, maturato sulla pianta e raccolto al punto giusto, quando è tutto rosso, è ricco di sostanze preziose per la salute e la bellezza, i carotenoidi.

Il sale marino, integrale, non raffinato, ha un alto contenuto di iodio-naturale- e ioduri, che hanno la proprietà di regolare il buon funzionamento della tiroide, importante per il nostro metabolismo; e tantissime microparticelle vitali con un alto valore biologico: magnesio, zolfo, calcio, potassio, bromo, carbonio, zinco, fosforo.

Il basilico è il terzo colorato ingrediente della pizza margherita, le cui foglie verde brillante, con il bianco della mozzarella e il rosso del pomodoro, rappresentano il tricolore italiano in onore della regina Margherita. Le foglie di basilico sono digestive, antisettiche e profumano l’alito.

 

Ma quante calorie ci fornisce una pizza? A titolo puramente indicativo, secondo i dati forniti dall’Istituto della Nutrizione, si può dire che 100 grammi edibili di una generica pizza con pomodoro e mozzarella sviluppano 251 kcal e apportano 52 grammi di carboidrati, 5,6 grammi di grassi e 5,6 grammi di proteine. Sulla base di questi dati, una pizza del genere – se esistesse e pesasse 250 grammi!- potrebbe sostituire, dal punto di vista delle calorie totali, un pasto completo ( es. una cena) e pur essendo sbilanciata dal punto di vista proteico, sarebbe in grado di apportare una quota di amidi più che adeguata ai fabbisogni nutrizionali e , addirittura una quantità di grassi inferiore rispetto alla soglia.  La pizza, in ogni modo, preparata con gli opportuni accorgimenti e associata ad un regime dietetico equilibrato, in grado di rispondere ai fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e minerali, può costituire un’ottima alternativa ad un pasto completo.I noltre, modificandone adeguatamente il tipo e la quantità delle materie prime, essa può costituire un ottimo “carburante” per chi pratica attività sportiva e può contribuire perfino a ridurre la massa grassa e, quindi, a dimagrire in maniera “ intelligente”.

Si, quindi, alla pizza, anche se non bisogna esagerare con le porzioni ed è preferibile sceglierla tra i tipi più semplice (margherita).

 

 

dal sito www.miadieta.it

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Il cioccolato

Il cioccolato è un prodotto alimentare costituito da un miscuglio solido di zucchero, cacao e altre sostanze.

Storia

Il primo cioccolato da masticare apparve a Londra nel 1647 (il cacao fu scoperto da Colombo nel 1502) e l’iniziale commercio fu dominato dagli olandesi. Linneo lo definì “bevanda degli dei” (1734); nel 1770 in Francia sorse la prima fabbrica di cioccolato, ma la grande diffusione si ebbe nel XIX sec.: nel 1819 François Louis Cailler aprì la prima fabbrica svizzera a Vevey (creando il prototipo della stecca di cioccolato) e nel 1825 l’olandese Coenraad Van Houten creò il cacao solubile in polvere, senza il grasso del burro di cacao. Ci vollero vent’anni prima che iniziasse la produzione su scala industriale, più precisamente in Inghilterra.

Il prodotto era poco omogeneo e conteneva nelle prime ricette anche il liquore. In seguito, il processo di produzione del cioccolato si consolidò e portò alla prima tavoletta di cioccolato rettangolare come la conosciamo oggi, a opera di Rud Lindt nel 1875 a Berna. In Italia il torinese Caffarell inventò il gianduiotto, unendo il cioccolato alle nocciole, prodotto tipico piemontese; sembra che l’idea sia nata a causa delle difficoltà del neonato regno d’Italia di importare grandi quantità di cacao.

Nel 1911 a Bologna, in occasione del lancio della Fiat Tipo 4, nacque il cremino Fiat di Majani. I baci Perugina nacquero nel 1922 (la produzione attuale è di mezzo miliardo di pezzi al giorno), mentre il Rocher della Ferrero è il cioccolatino italiano più venduto nel mondo.

 

Gli ingredienti

Il cioccolato contiene teobromina e feniletilamina, sostanze che gli danno leggere proprietà antidepressive ed euforizzanti.

La prelibatezza e appetibilità del cioccolato si ritrova anche nel nome che il botanico Linneo diede alla pianta del cacao:Theobroma, ovvero dal greco theos, Dio e broma, bevanda. Letteralmente quindi la cioccolata significa bevanda degli dei.

La bontà del cioccolato dipende, oltre che dalla proporzione degli ingredienti, anche dall’accuratezza del ciclo di estrazione del cacao dai semi della pianta, dal ciclo di lavorazione del cioccolato e dalla bontà dei grassi utilizzati.

Vediamo in dettaglio gli ingredienti.

Il cacao – La pianta del cacao è molto delicata, e questa è una ragione per cui nell’antichità i suoi semi erano l’equivalente del denaro. Nelle Americhe appena scoperte da Colombo,  le fave di cacao erano usate al posto della moneta negli scambi commerciali: uno schiavo (!) costava 100 semi, un coniglio solo 10. In Europa la pianta del cacao non venne importata (come il pomodoro), perché molto delicata: ogni frutto contiene mediamente 35 semi e la pianta impiega quattro anni prima di produrne. Inoltre non sopporta temperature più rigide di 16 °C e vuole un’umidità sempre altissima (circa 80%). Oggi le miscele di cacao più pregiate sono quelle derivanti dalle coltivazioni del Centro Africa e America centrale.

Il burro di cacao – Grasso estratto dai semi di cacao con un processo di esposizione ad alte pressioni e temperature. Si tratta di un grasso per lo più saturo, quindi da questo punto di vista non è diverso dai grassi animali (come il burro vaccino). Tuttavia, rispetto ai grassi vegetali surrogati (vedi oltre), ha il pregio di non contenere grassi idrogenati o nella forma trans, nocivi all’organismo. Occorre ricordare che la caratteristica principale del burro di cacao è quello di fondere all’incirca alla stessa temperatura del cavo orale, da qui la dicitura classica del cioccolato che “si scioglie in bocca”! Questa caratteristica rende la scelta di burro di cacao di ottima qualità uno dei segreti che differenzia i prodotti sul mercato.

Surrogati del burro di cacao – Probabilmente sui nostri mercati non sono molto comuni i prodotti dei paesi europei che per tradizione producono cioccolato addizionando altri grassi vegetali. Comunque con la libera circolazione delle merci potrebbero iniziare ben presto a collocarsi anche sui nostri mercati, più tradizionalisti, forti di prezzi di produzione più bassi. Esempi di tali surrogati di burro di cacao sono il burro d’illipè, di karité, il kokum, quello prodotto dall’olio di palma, di colza e di mango e il grasso di shorea. Questi grassi vengono miscelati in parte al burro di cacao, fornendo una componente grassa necessaria per l’impasto del cioccolato. Per le caratteristiche chimico-fisiche di questi grassi, ciò che si ottiene non ha le caratteristiche migliori per produrre cioccolato (in particolare la temperatura a cui si sciolgono questi grassi è diversa rispetto al puro burro di cacao e quindi ciò influenza il processo di produzione del cioccolato e la qualità finale dell’alimento). Per legge la loro presenza deve essere riportata sull’etichetta in percentuale non superiore al 5%.

Il latte – È un ingrediente opzionale, presente solo nel cioccolato al latte. Generalmente le etichette dei cioccolati non specificano il tipo di latte, né la sua provenienza; si tratta di uno dei segreti delle varie ricette proprietarie.

Lo zucchero – Il punto critico della ricetta: se per legge non può superare il 55%, la sua percentuale, oltre a determinare in modo predominante l’apporto dei carboidrati, può influenzare di molto il gusto finale del prodotto. Gli estimatori del cioccolato prediligono quelli a minor percentuale di zucchero (maggiore è lo zucchero, minori sono gli altri componenti pregiati, cacao e burro di cacao), in cui il gusto del cacao si possa apprezzare appieno. Sono presenti sul mercato anche cioccolati privi di saccarosio (prodotti dietetici o per diabetici) in cui lo zucchero è sostituito da dolcificanti. Tuttavia questa scelta modifica notevolmente il gusto del cioccolato che risulta meno appetibile.

Tipi di cioccolato

Oggi, secondo la normativa vigente, si definisce cioccolato un prodotto costituito da granelli di cacao, cacao magro e cacao in polvere, saccarosio e burro di cacao. L’aggiunta di burro di cacao è opzionale. La parte secca complessiva derivante dal cacao deve essere almeno il 25%, il cacao magro almeno il 14% e il burro di cacao almeno il 18%.

Esistono in commercio tipi molto diversi di cioccolato. Consideriamo in questo articolo solo classiche stecche di cioccolato, escludendo i cioccolatini nelle varie forme (praline, ovetti, ecc…). Questo perché nel caso dei cioccolatini è molto più facile trovare prodotti di bassa qualità, con grassi idrogenati o di provenienza non specificata. Poiché la dieta italiana considera molto importante la qualità degli alimenti, volendo integrare la dieta con alimenti ipercalorici (e molto appetibili!) come il cioccolato, conviene dare la precedenza alla tavoletta di cioccolato.

La legislazione regola in modo molto stretto le percentuali degli ingredienti di base e definisce vari tipi di cioccolato. I nomi (cioccolato al latte, extra fino, ecc…) hanno una precisa relazione con le percentuali degli ingredienti. Oltre al cioccolato classico (in cui la quota minima del cacao è il 35%), si distinguono altri tipi di cioccolato particolari:

  • Cioccolato extra: la percentuale di cacao deve essere almeno il 45%, il burro di cacao il 28%.
  • Cioccolato finissimo o superiore: la percentuale di cacao deve essere almeno il 43%.
  • Cioccolato al latte: la sostanza secca derivante dal latte deve essere almeno del 14% e il saccarosio aggiunto non più del 55%.
  • Cioccolato bianco: latte, burro di cacao e saccarosio sono gli unici ingredienti (manca il cacao!). Il burro di cacao deve essere almeno il 20% e il saccarosio non più del 55%.
Cioccolato: buono o cattivo?

A prescindere dai molti articoli che compaiono sulle riviste nella sezione dedicata all’alimentazione (evidentemente i giornalisti sono ghiotti di cioccolato e non sprecano occasione per riportare ricerche sui benefici del cioccolato), nessuno penso possa logicamente affermare che un consumo abituale e continuo di cioccolato sia compatibile con una dieta anti-obesità. Per chi ha un metabolismo non adolescenziale, il cioccolato rappresenta un alimento molto appetibile, moderatamente saziante (in questo è sicuramente meglio delle torte), ma comunque ipercalorico.

Per i sedentari deve essere considerato un alimento occasionale, mentre per chi fa sport (ecco una buona ragione per cominciare) può essere assunto anche una volta al giorno  purché il contributo calorico sia esattamente conteggiato. Per un sedentario il problema maggiore è sicuramente il fatto che si tratta di un alimento che in qualche modo dà una dipendenza: spesso anche chi non è affetto da cioccolismo (il cioccolismo è la dipendenza dal cioccolato; chi ne è affetto non riesce a contenere i consumi di cioccolato che diventa una vera e propria droga; colpisce soprattutto le donne: l’1% circa delle donne che mangiano cioccolato soffre di tale malattia) è solito consumare cioccolato tutti i giorni. Se si calcola una media di 300 kcal (miseri 60 g) si comprende l’assurdità di proporre il cioccolato nella dieta di un sedentario: calcolando un fabbisogno calorico di 2.000 kcal (ma per una donna di 50 kg sedentaria e di 40 anni il fabbisogno calorico non supera le 1.400 kcal), il cioccolato rappresenterebbe come calorie il 15% dell’alimentazione!

Valori nutrizionali

Dal database del Ministero americano dell’agricoltura

Cioccolato al latte

Scarto: 0%

NUTRIENTI UNITÀ VALORE PER 100 G NUMERO DI CAMPIONI ERRORE STD.
Principali
Acqua g 1.61 0
Calorie kcal 546 1
Calorie kj 2282 0
Proteine g 5.94 1
Lipidi g 31.72 1
Ceneri g 0.95 0
Carboidrati (per differenza) g 59.78 1
Fibre g 2.4 1
Zuccheri g 55.45 1
Minerali
Calcio, Ca mg 160 1
Ferro, Fe mg 1.11 1
Sodio, Na mg 63 1
Vitamine
Vitamina C, acido ascorbico mg 0.8 1
Vitamina A, UI UI 292 1
Lipidi
Acidi grassi, saturi g 19.240 1
Acidi grassi, trans g 0.246 1
Colesterolo mg 18 1

Cioccolato fondente

Scarto: 0%

NUTRIENTI UNITÀ VALORE PER 100 G NUMERO DI CAMPIONI ERRORE STD.
Principali
Acqua g 1.66 0
Calorie kcal 520 1
Calorie kj 2176 0
Proteine g 5.19 1
Lipidi g 32.45 1
Ceneri g 1.30 0
Carboidrati (per differenza) g 59.40 1
Fibre g 7.6 1
Zuccheri g 46.27 1
Minerali
Calcio, Ca mg 37 1
Ferro, Fe mg 3.18 1
Sodio, Na mg 4 1
Vitamine
Vitamina C, acido ascorbico mg 0.0 1
Vitamina A, UI UI 134 1
Lipidi
Acidi grassi, saturi g 19.209 1
Fatty acids, total trans g 0.093 1
Colesterolo mg 7 1

 

 

dal sito www.albanesi.it

Categories Alimenti, News

Zucca

Contrariamente a quanto si possa pensare, la zucca, dolcissima e gustosa, è un alimento amico delle diete povere di calorie, adatta persino ai diabetici per la scarsità in termini glucidici. Nonostante gli impieghi della zucca in cucina siano davvero numerosissimi, non dobbiamo dimenticare che la pianta – grazie alle innumerevoli proprietà benefiche – viene assai utilizzata anche in ambito erboristico, fitoterapico e cosmetico.

USI IN CUCINA
I semi possono essere mangiati previa salatura ed essiccazione (od arrostimento in forno); anche i fiori sono mangerecci, e sono squisiti fritti o, semplicemente, scottati in padella come base per frittate o pasta.
La polpa di zucca si presta eccellentemente a mille impieghi: infatti, dopo averla privata della scorza – procedura comunque piuttosto complessa perché molto dura e massiccia – la zucca può essere cotta a vapore o bollita per preparare zuppe e minestroni, ma può essere anche tagliata a cubetti e cucinata in padella come le classiche patate arrosto, aggiungendo quindi olio extravergine d’oliva, sale, pepe e – a chi piace – anche il rosmarino. Un metodo alternativo per preparare la zucca è la cottura al forno: dopo aver tagliato la zucca a metà, privata dei semi ed accuratamente lavata, può essere tagliata a spicchi e cucinata direttamente in forno. Ma gli impieghi della zucca in cucina non sono ancora finiti: infatti, la polpa lessata o cotta in padella, dopo essere stata schiacciata, può costituire la base per torte e dolcetti originali.
ANALISI NUTRIZIONALE
Dopo la digressione culinaria, procediamo a descrivere la zucca in termini nutrizionali. Abbiamo visto che l’ortaggio s’inserisce tra gli alimenti ipocalorici, apportando solamente 18 Kcal per 100 grammi di prodotto: ciò è dovuto all’ingente quantità d’acqua in essa contenuta, stimata addirittura intorno al 94,5%. I carboidrati ammontano al 3,5%, mentre le proteine, pochissime, ne costituiscono solo l’1,1%. I grassi, pressoché assenti, rappresentano circa lo 0,1%.
Essendo arancione, è intuibile come la zucca sia miniera di caroteni e pro-vitamina A; inoltre, è ricca di minerali, tra cui fosforo, ferro, magnesio e potassio; buono anche il quantitativo di vitamina C e di vitamine del gruppo B.
PROPRIETA’ ED USI FITOTERAPICI
In fitoterapia, la droga “zucca” è riferita soprattutto ai semi, contenenti cucurbitina, tocoferoli, tocotrienoli, steroidi (1%), proteine, pectine ed olio grasso. Inoltre, nei semi di zucca si annovera anche una modesta quantità di minerali, quali selenio, rame, zinco e manganese.
I semi non sono tossici, dal momento che sono assenti i principali steroidi amari caratteristici delle Curcubitacee (curcubitacine): pertanto, il consumo di semi non dà effetti collaterali (fatta eccezione per i soggetti sensibili ad una o più sostanze che caratterizzano il fitocomplesso).
Il marker della droga è rappresentato dalla cucurbitina (differente da curcubitacina): si tratta di un amminoacido pirrolozidinico al quale sono ascritte le note proprietà antielmintiche, efficace dunque contro i vermi in generale e la tenia in particolare.
Inoltre, l’estratto di semi di zucca sembra essere particolarmente attivo anche contro cestodi ed ascaridi: da considerare, comunque, che la cucurbitina non uccide i parassiti, ma li immobilizza semplicemente; per questa ragione, è bene somministrare lassativi dopo l’assunzione di estratti di semi di zucca a tale scopo. La quantità di questa molecola amminoacidica è variabile in base alla specie di zucca considerata: nella C. maxima, la quantità di cucurbitina è stimata intorno all’1,9%, mentre nella specie C. pepo varia tra 0,2 e 0,7%.
L’olio ricavato dai semi si zucca è ricco di acido oleico e linoleico: questi acidi grassi espletano la loro attività terapeutica in sinergia con carotenoidi e protoclorofille, come rimedio naturale per l’iperlipoproteinemia. L’impiego terapico dell’olio di semi di zucca è consigliato anche nella profilassi dell’aterosclerosi.
Alla luce di recenti studi, sembra che l’olio di semi di zucca sia utile anche in caso di flogosi vescicali, irritazioni gastriche e disturbi prostatici, specie in associazione a Serenoa repens.
La polpa di zucca, invece, essendo ricca di carotenoidi, è particolarmente indicata per fissare l’abbronzatura e, nel contempo, s’inserisce tra gli ipotetici alimenti utili per la prevenzione dalle forme tumorali.
Oltre quanto detto, la zucca trova impiego anche per alleggerire problemi nervosi; da ultimo, ma non certo per importanza, la zucca espleta buone proprietà rinfrescanti, diuretiche, lassative e digestive.

 

ZUCCA E COSMESI
Gli impieghi della zucca si estendono anche nella sfera cosmetica: con la sua polpa, infatti, si possono preparare alcune semplici maschere per il viso, utilissime per idratare la cute, levigare la pelle e pulirla profondamente. Inoltre, le maschere a base di zucca sono indicate anche per lenire le scottature.
Esempio di maschera per il viso: schiacciare alcuni semi con uno spicchio di polpa di zucca, mescolare la poltiglia ottenuta con un po’ di miele, applicare il composto sul viso e lasciare riposare il tutto per alcuni minuti.
Le pelli grasse con punti neri, grazie alla maschera di zucca, risultano più pulite ed idratate.

 

dal sito www.my-personaltrainer.it